Come si ottiene l’olio di palma

L’olio di palma non idrogenato si ottiene mediante la spremitura della polpa dei frutti maturi della palma da olio (in latino “Elaeis guineensis”) i cui frutti vengono raccolti, lavati e sterilizzati in corrente di vapore e quindi pressati. Il caratteristico colore rosso-arancio è dovuto all’elevata presenza di carotenoidi.
Prima però di essere utilizzato, l’olio di palma subisce un processo di raffinazione e di frazionamento. Il processo di raffinazione ha come risultato un prodotto praticamente insapore e inodore, due caratteristiche particolarmente apprezzate all’industria alimentare.

Perché l’olio di palma viene usato dall’industria alimentare?

L’olio di palma costa poco e si presenta in uno stato semisolido e di conseguenza è particolarmente adatto a sostituire il burro nella preparazione dei dolci, prodotti da forno e creme spalmabili.
Secondo i dati diffusi dall’INRAN in seguito ad analisi di laboratorio sarebbe evidente l’alta concentrazione di grassi saturi nell’olio di palma (ben 49,3 grammi di grassi saturi su 100 grammi). Le percentuali di concentrazione variano di poco a seconda del luogo in cui cresce la palma, del tipo di palma e del latte che si utilizza.
Non bisogna però demonizzare o puntare il dito contro l’olio di palma che sfortunatamente non è l’unico prodotto ricco di acidi grassi saturi. Infatti gli fanno buona compagnia (si fa per dire) anche il burro (51.3) e il burro di cacao (60 grammi di grassi saturi su 100 grammi di prodotto)

Conosciamo meglio gli acidi grassi

Gli acidi grassi sono quelle particelle di cui sono composti i lipidi, quelli che nel linguaggio comune definiamo “grassi” e sulla base della loro composizione chimica si suddividono principalmente in 3 gruppi:
– saturi, se non presentano doppi legami nelle catene carboniose che li compongono;
– monoinsaturi se vi è un solo doppio legame;
– polinsaturi con due o più doppi legami. All’aumentare dei legami il grasso diventa più fluido.

Fatto eccezione per alcuni casi (ad esempio olio di palma e olio di cocco), in linea generale i cibi di origine animale sono più ricchi di acidi grassi saturi di quelli di origine vegetale.
Gli acidi grassi saturi aumentano il colesterolo LDL nel sangue e quindi il rischio di malattie cardiovascolari. Ci sono però delle eccezioni: gli acidi grassi polinsaturi del gruppo omega 6 riducono i livelli di LDL, mentre gli omega 3 riducono i trigliceridi, un altro tipo di grasso circolante nel sangue che favorisce l’aterosclerosi.
Non tutti gli acidi grassi insaturi, d’altra parte, sono sicuri per la salute: alcuni presentano doppi legami in una configurazione che in chimica si chiama “trans” e hanno effetti simili a quelli dei grassi saturi. Gli acidi grassi trans si formano in seguito a idrogenazione dei grassi vegetali, un processo necessario anche per produrre la margarina. L’olio di palma e i rischi per la salute
Nel marzo del 2016 l’EFSA (acronimo di “European Food Safety Authority” ovvero Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato sul proprio giornale i risultati di uno studio condotto dal CONTAM (Contaminanti nella catena alimentare), il comitato interno a EFSA che si occupa di tossicologia alimentare. Oggetto dello studio erano i rischi per la salute umana legati alla presenza di 3- e 2-monocloropropanediolo (MCPD) e dei relativi acidi grassi nel cibo.
Le tre sostanze esaminate (2-MCPD, 3-MCPD e glicidil esteri degli acidi grassi) si sviluppano durante i processi di lavorazione di grassi e olii vegetali (olio di palma, colza, girasole, mais, arachidi etc etc) a temperature superiori ai 200 °C. Le temperature superiori ai 200°C probabilmente sono raggiunte in fase di raffinazione degli olii ma raramente raggiunte dai processi di lavorazione dell’olio di palma nell’industria dolciaria che rimane il maggior utilizzatore in assoluto. La ricerca dimostra che a parità di quantità di sostanza e di tecnica di lavorazione, l’olio di palma (e di palmisto) contengono una percentuale molto più significativa ed elevata rispetto ad altri olii vegetali di queste sostanze campione ricercate.
Queste tre sostanze sono note per essere cancerogene in vitro ad altissime concentrazioni: diventano genotossiche, ovvero hanno la capacità di alterare il patrimonio genetico della cellula, solo assumendone quantità e concentrazioni difficilmente raggiungibili con la normale alimentazione.
Nella stessa categoria di rischio dell’olio di palma rientrano anche altre sostanze alimentari di uso comune come caffeina, alcohol e le aflatossine contenuti in alcuni derivati dai cereali. per maggiori informazioni si rimanda alla classificazione AIRC sul rischio cancerogeno ovvero l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Secondo i dati raccolti dall’Istituto superiore di Sanità, la popolazione italiana adulta assume quotidianamente un massimo di 4,7 g di grassi saturi provenienti dall’olio di palma, mentre i bambini di età compresa tra 3 e 10 anni arrivano ad assumere anche 7.7 g di grassi saturi di olio di palma al giorno, dati comunque non recentissimi e che non tiene conto che negli ultimi 10 anni è cresciuto in maniera esponenziale l’uso di olio di palma nel prodotti industriali. Il generale rischio cardiovascolare della popolazione è un fattore che richiede continuo controllo perché è in aumento come lo sono i casi di obesità anche infantile dovuta ad uno scorretto stile di vita e alimentazione.

L’olio di palma sulle etichette

Sulle etichette dei prodotti di alimenti sia di origine industriale che artigianale è necessario specificare se vi sia o meno la presenza di olio di palma non idrogenato, dicitura si riferisce al fatto che questo olio a uso alimentare non viene idrogenato chimicamente perché già naturalmente ricco di grassi saturi e le nuove norme europee per l’etichettatura di prodotti alimentari vieta da dicembre 2014 la scritta generica “oli vegetali”.

Gli effetti sull’ambiente

I maggiori paesi mondiali produttori di olio di palma, per far spazio alle palme, hanno abbattuto foreste e sacrificato tipi di coltura più nutrienti ma meno redditizie. Questo disboscamento ha contribuito in maniera significativa a creare un importante problema ecologico soprattutto nel Sud Est asiatico come spiegava la rivista Nature già nel 2012 in un articolo intitolato “Il boom dell’olio di palma solleva problemi per la conservazione delle foreste” facendo perdere a paesi come la Malesia, l’Indonesia e la Cambogia la propria biodiversità modificando irrimediabilmente l’ecosistema di flora e fauna e presto, se non si interviene per tempo con interventi risolutivi e conservativi, alcune specie saranno a rischio estinzione.
Resta difficile credere a quelle aziende che dichiarano di utilizzare olio di palma proveniente da zone “storicamente” coltivate a palme in quanto la produzione non coprirebbe che una parte del fabbisogno.
Alcune industrie propongono di ricreare aree boschive e foreste in altri punti, giustificando la deforestazione a favore delle palme, ma per ora le intenzioni rimangono tali e per di più appare arduo immaginare di ricreare artificialmente un ecosistema e un habitat complesso.

Perché alcune aziende continuano ad usare l’olio di palma?

In sostanza le aziende fanno leva sul fattore economico e sulla considerazione che molti alimenti di uso comune contengono sostanze potenzialmente cancerogene solo se assunte in quantità rilevanti. Una sana alimentazione accompagnata da sporadici consumi di prodotti contenenti olio di palma in quantità ridotta dovrebbe ridurre il rischio di patologie.

Perché evitare l’olio di palma?

Nemmeno il comitato CONTAM si è esposto nello stabilire un livello di sicurezza da non superare bensì invita la popolazione a non abusarne prediligendo prodotti con sostanze con minor presenza di acidi grassi saturi. Peraltro il superamento della temperatura dei 200°C necessaria alla formazione dei composti tossici è sempre raggiunta anche nelle fritture domestiche, quindi dovremmo evitare anche quelle. Il CONTAM ha però suggerito di considerare i tempi di esposizione. Considerando l’aspettativa di vita attuale, per i neonati (che già assumono olio di palma presente nei composti di latte artificiale) è necessaria una particolare attenzione.
L’EFSA, evidenzia come il cancro non sia l’unica malattia che può nascere da una scorretta alimentazione. Una dieta non equilibrata può provocare anche le malattie cardiovascolari.

Perchè BHB dice “NO” all’olio di palma

BHB ha fatto una scelta precisa ed orientata a una sana e corretta alimentazione, rispettosa del benessere psicofisico e dell’ambiente tutto. Non c’è posto quindi per l’olio di palma che è stato sostituito da altri prodotti che garantiscono valori nutritivi e una qualità superiore.

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